DUCK AND COVER
STORIA DELLA GUERRA FREDDA
Il lungo conflitto semi-armato che ha contrapposto
le democrazie liberali alle dittature comuniste
LA MOSTRA
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In anteprima assoluta per l’Italia, la mostra fotografica “Duck and Cover. Storia della Guerra Fredda” è una selezione di 65 immagini iconiche - provenienti in gran parte dagli Archivi di Stato americani, inclusi quelli della C.I.A. - che ripercorre il lungo conflitto semi-armato che ha contrapposto le democrazie liberali alle dittature comuniste capitanate dall’U.R.S.S. (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, oggi Federazione Russa) e dalla Repubblica Popolare Cinese.
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Un periodo storico, in cui in parte ci ha riproiettato l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa nel febbraio del 2022, caratterizzato da un’atmosfera opprimente di incombente disastro e contraddistinto dal terrore di un’imminente guerra nucleare su scala planetaria. Un clima interpretato dal titolo della mostra - “Accucciati e Copriti”, in primis sotto il banco se sei uno studente - tratto da quello di un famoso documentario statunitense del 1952 in cui veniva insegnato ai ragazzini delle scuole americane cosa fare in caso di attacco atomico.
Nel 2023 ricorrono il 75° del blocco di Berlino, il 75° della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata all’O.N.U., il 70° della morte di Stalin, il 70° della fine della Guerra di Corea, il 50° del ritiro degli Stati Uniti dalla Guerra del Vietnam, il 50° del golpe di Pinochet in Cile: tutti eventi che hanno segnato - dal punto di vista ideologico, politico, culturale e materiale - il lungo scontro tra due concezioni alternative e in antitesi della società e del mondo.
Curata da Alessandro Luigi Perna, giornalista pubblicista specializzato in storia contemporanea ed esperto di fotografia, e prodotta da Eff&Ci - Facciamo Cose per il progetto History & Photography - la Storia raccontata dalla Fotografia, la mostra è articolata in un innovativo formato espositivo che propone fotografie di grande impatto iconografico e ampi testi di approfondimento.
Nella sua narrazione, concepita sia per un pubblico adulto che per gli studenti di Scuole e Università, il curatore non solo ripercorre i principali fatti dell’epoca ma cerca anche di proporre una prospettiva laica su un pezzo della Storia contemporanea ancora raccontato e deformato attraverso la propaganda e le ideologie delle parti contrapposte, protagoniste ancora oggi, nelle loro versioni aggiornate, del dibattito ideologico, politico e culturale delle democrazie liberali e delle autocrazie sparse per il Pianeta.
UNA GUERRA CIVILE TRASVERSALE E GLOBALE
È un’operazione difficile quella di raccontare la Guerra Fredda, perché non è stata solo un conflitto globale semi-armato tra alleanze di Nazioni ma, anche, una permanente guerra civile sia ideologica che di classe altrettanto semi-armata all’interno degli Stati coinvolti, cioè in pratica tutti quelli del Pianeta.
Da una parte coloro che volevano le democrazie liberali, le libertà individuali e il Capitalismo, eventualmente in formato liberista o socialdemocratico. Dall’altra chi le voleva soppiantare – a colpi di maggioranza o attraverso insurrezioni, colpi di Stato o rivoluzioni - con una dittatura marxista, fascista o meramente militare in nome del popolo e/o delle élite. Stare in mezzo, nel mondo polarizzato di allora, era praticamente impossibile senza rischiare di macchiarsi la coscienza.
In Paesi come Francia, Italia e Germania, la guerra civile strisciante portò negli anni Settanta e Ottanta del Novecento alla nascita di numerose formazioni armate di estrema destra ed estrema sinistra. Spesso legati gli uni agli altri oppure sospettati di essere eterodiretti da Stati terzi con interessi divergenti, i vari gruppi dediti alla lotta armata diedero vita a quelli che vennero definiti gli Anni di Piombo, denominazione presa dall’omonimo film di Margarethe von Trotta, Die bleierne Zeit, del 1981 sul terrorismo nella Repubblica Federale Tedesca.
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Per il nostro Paese fu un periodo terribile in cui nelle strade gli scontri violenti a colpi di spranghe e bastoni tra studenti con opposti orientamenti ideali e politici si alternavano a quelli tra ragazzi di ogni fazione contro la Polizia. Erano all’ordine del giorno pestaggi, rapimenti, gambizzazioni e assassinii commessi da bande rivoluzionarie con mille sigle diverse anche quando contigue dal punto di vista ideologico.
È in questo contesto che si aggiungevano, in Italia, gli attentati fatti a colpi di bombe in luoghi pubblici che non avevano una chiara matrice. Anni dopo saranno attribuiti a forze neofasciste, infiltrate nelle Istituzioni nazionali e interessate a mantenere un clima di terrore in una logica definita di Strategia della Tensione.
Lo scontro tra democrazie liberali e dittature marxiste, a partire dagli Anni Cinquanta, è percepito come una questione di vita o di morte. In virtù di questa prospettiva esiziale, alcuni Paesi occidentali cominciarono a perdere la loro identità morale per applicare in Politica Estera i principi della real politik portata alle sue estreme conseguenze. Una scelta tragica, per alcuni necessaria, che portò il fronte democratico a supportare in tutto il mondo dittature di destra sanguinarie e feroci per contrastare l’espansione delle dittature marxiste, altrettanto sanguinarie e feroci, anche se paradossalmente partivano da ideali in parte condivisi con le stesse democrazie liberali.
Gli interventi americani in Sudamerica, per esempio, portarono spesso al comando, in funzione anticomunista, gruppi di potere sostenuti da militari che misero in atto politiche di repressione violentissime e criminali. Il fatto di appoggiarli gettò un totale discredito sulla reputazione degli Stati Uniti e dei loro alleati occidentali, visti da una parte rilevante delle opinioni pubbliche internazionali democratiche come ipocriti complici di assassini e torturatori senza scrupoli.
L’instaurazione, provocata e sostenuta dall’Unione Sovietica nella logica della Guerra Fredda, di regimi di ispirazione marxista nei Paesi islamici del Medio Oriente e dell’Asia Centrale, declinati spesso in versione nazionalista e anticolonialista più che comunista, ebbe invece la positiva conseguenza di migliorare la condizione femminile a livello locale e di diffondere per la prima volta in ogni strato della società i valori laici necessari per fare uscire la popolazione da una condizione permanente di oscurantismo religioso e di eterno feudalesimo medievale.
Pose però anche le basi per la creazione di regimi autoritari su base familiare che fecero di tutto, e fanno ancora di tutto, per mantenere il potere usando la violenza indiscriminata e senza limiti come strumento di oppressione permanente dei loro cittadini. Eppure molti di questi regimi sono considerati oggi la migliore alternativa, proprio per la loro laicità, ai regimi autoritari di stampo religioso che si sporcano mani e coscienza dei peggiori e più crudeli delitti in nome della Sharia e di Allah.
L’epoca della Guerra Fredda si nutrì di un’infinità di paradossi. Uno dei più esemplari fu quello di produrre masse di giovani appartenenti a classi sociali benestanti all’interno delle democrazie liberali che inneggiavano, in nome di un supposto mondo nuovo più libero e giusto, ai leader più dispotici e crudeli delle dittature comuniste. Contemporaneamente, all’interno delle dittature comuniste, i loro coetanei si ribellavano e scendevano in piazza a protestare, e spesso farsi ammazzare, proprio in nome dei valori delle democrazie liberali a cui i giovani occidentali avevano voltato le spalle.
Alla fine della Guerra Fredda in tanti erano stati dalla parte sbagliata, sia tra coloro che avevano vinto che tra quelli che avevano perso. Eppure all’interno del dibattito privato e pubblico, in particolare nelle democrazie liberali, la riflessione su chi avesse torto o ragione all’epoca non si fece. Non la fecero le persone normali e non la fecero i leader politici. Tutti passarono da un’epoca all’altra non da protagonisti attivi ma da semplici spettatori passivi del grande film della Storia.
Una mancanza, a destra come a sinistra, che ha prodotto oggi l’ennesimo paradosso di assistere all’ascesa di leader contemporanei avanti negli anni che sostengono con estrema fermezza la necessità di mantenere sistemi laici e democratici ma stentano a condannare il loro passato e a riconoscere gli errori ideologici, etici e politici che li avevano fatti combattere sulle barricate sbagliate rendendoli complici, quantomeno morali, di indicibili orrori di cui erano nella maggior parte dei casi a conoscenza proprio mentre erano perpetrati.
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Una questione lontana dall’essere risolta visto, per esempio, che la spaccatura in seno all’Unione Europea tra Paesi che sono stati sotto il dominio sovietico e quelli che non lo sono stati è fortissima. Un problema che viene sempre alla ribalta quando i primi cercano di far proibire l’esistenza di Partiti Comunisti marxisti pretendendo che siano paragonati a quelli fascisti o nazisti. E i secondi vi si oppongono, non riconoscendo nel marxismo in sé una fonte di delegittimazione della democrazia, sebbene proprio al suo interno siano esplicitati i fondamenti che hanno portato all’instaurazione di così tante e così violente dittature comuniste.
Il dibattito, lungi dall’essere risolto, è ancora in corso.
LA FINE DELLA GUERRA FREDDA È UN PROLOGO AI CONFLITTI DI OGGI
La Guerra Fredda si conclude con la vittoria delle Nazioni democratiche alla fine degli Anni Ottanta. Ad averla favorita è stata una nuova corsa agli armamenti promossa dagli Stati Uniti per compensare la superiorità militare sovietica sul terreno. Questa volta però il rilancio della sfida ha un risvolto inedito: Ronald Reagan sposta nello Spazio la competizione militare con un progetto di scudo spaziale con armi laser montate su satellite che hanno il compito di rendere obsoleti i missili nucleari.
Il solo fatto che il progetto si riveli fattibile dà agli Stati Uniti un vantaggio strategico che l’Unione Sovietica non riesce a colmare. Il suo impegno nel tentativo di eguagliare militarmente i suoi avversari la trascina sull’orlo del fallimento economico. A cui contribuisce anche la caduta del prezzo del petrolio, della cui esportazione Mosca è dipendente. La dirigenza comunista decide di porre fine al confronto antagonista con gli Stati democratici liberali prima del crollo totale e cerca di riformare un sistema che sta ormai collassando dall’interno anche dal punto di vista politico, sociale e culturale.
La dissoluzione dell’Impero dell’Unione Sovietica in Europa e Asia Centrale diventa inarrestabile, sebbene i tentativi fatti da Gorbaciov, l’ultimo suo leader, di mantenerlo in vita dandogli una forma nuova con gli strumenti della Glasnost’ (Trasparenza) e della Perestròjca (Ricostruzione). Neppure l’uso della forza riesce ad arginare il desiderio di libertà dei popoli che sono stati sotto il dominio del Socialismo Reale. L’ultimo e finale capitolo della storia dell’Unione Sovietica è nell’estate del 1991 con il fallito golpe di Mosca, in cui le forze comuniste reazionarie sostenute da una parte dell’Esercito vengono sconfitte e viene instaurata di lì a pochi mesi una Repubblica democratica.
Il confronto con l’U.R.S.S. si è concluso certamente con la sua caduta, ma quello con la Russia e le sue ambizioni imperiali millenarie, non importa la forma di Governo che la regga, ha avuto solo una temporanea battuta d’arresto. A prezzo di grandi sacrifici per la popolazione russa, l’integrazione di Mosca con l’Occidente ha infatti alla fine funzionato dal punto di vista economico ma non da quello ideale e politico. A dimostrarlo il progressivo scivolamento del Paese in una dittatura mascherata da democrazia e l’invasione dell’Ucraina del febbraio 2022. In nome di un neo imperialismo di stampo zarista, la Federazione Russa ha rigettato il mondo nel terrore di una guerra totale combattuta non solo con armi convenzionali ma anche atomiche.
Con la fine della Guerra Fredda non è finito neppure il confronto con la Repubblica Popolare Cinese. L’Occidente ha infatti sperato, coinvolgendola nel commercio internazionale e nel mondo contemporaneo, in una sua evoluzione democratica, se non per convinzione almeno per osmosi. Il regime cinese ha risposto approfittando delle nuove circostanze per diventare più potente e minaccioso, rivestendo la sua mano di ferro in un guanto di raffinato velluto, ma non ha cambiato di una virgola la sua prospettiva ideologica e politica dimostrando che il Capitalismo può prosperare in una società comunista ma non è affatto motore di per se stesso di democrazia.
Oggi la Repubblica Popolare Cinese è alleata della Federazione Russa e l’appoggia di fatto in privato nella sua invasione dell’Ucraina anche se in pubblico ha posizioni più sfumate e ambigue. Di sicuro a sua volta mostra il suo volto più autoritario e minaccioso sia con Hong Kong, reprimendo il desiderio di democrazia dell’ex colonia inglese rientrata nell’alveo della Nazione madre, sia con Taiwan, l’Isola cinese su cui si rifugiarono gli sconfitti della guerra civile, oggi Repubblica democratica dopo aver avuto un passato ormai lontano di governi militari autoritari di stampo nazionalista. La minaccia di una sua invasione da parte di Pechino incombe da anni sebbene la protezione occidentale di cui gode. Passa soprattutto da lì il confronto contemporaneo tra la più grande dittatura del Pianeta ancora guidata da un regime comunista e la rinnovata alleanza a guida americana dei Paesi democratici liberali.
I venti di guerra stanno soffiando e il mondo è tornato a tremare.
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Alessandro Luigi Perna